Galoubets

Il galoubet appartiene alla famiglia dei flauti a becco e si distingue per la particolarità di avere solamente tre fori per la diteggiatura, 2 in posizione frontale e uno sul retro dello strumento, che consentono comunque di avere un’estensione di circa una dodicesima (!). Il sistema di funzionamento si basa sulla serie di armonici naturali (stesso principio sfruttato da alcuni ottoni, come la tromba o il corno): con la medesima diteggiatura è quindi possibile ottenere note diverse al variare dell’intensità del soffio, mentre le tecniche di diteggiatura a mezzo foro consentono di eseguire la scala cromatica.

 

L’utilizzo del flauto a tre fori è attestato sin dal Medioevo, come dimostra il ricco corredo di rappresentazioni iconografiche, e già in quest’epoca risulta largamente diffuso, anche se più voluminoso rispetto agli strumenti odierni. Oggi si ritrova sotto nomi diversi in molti paesi europei, basti pensare allo txistu basco o alla flauta de rociera sivigliana, nei paesi anglosassoni è chiamato tabor pipe, ma ciò che più interessa è che ovunque viene utilizzato in abbinamento ad uno strumento a percussione che varia a seconda dell’area geografica: ad esempio in Provenza si utilizza il tambourin (membranofono di forma cilindrica piuttosto profondo dotato di pelle sia nella parte inferiore che superiore, dove è presente anche una corda di budello ad effetto risonante, il cantino. Viene percosso con la masseta, sottile bacchetta di legno con un estremità tondeggiante), il tamburino a corde è invece utilizzato tipicamente in Guascogna e nei paesi baschi (dove viene chiamato ttun-ttun, ton-ton, tambourin du Bearn) oltre che in Aragona (dove prende il nome di chicotén). Questo accostamento - reso possibile grazie al fatto che il flauto a tre fori si suona, naturalmente, con una mano sola (in genere la sinistra)- è talmente importante che i due strumenti sono considerati un unicum: basti pensare che, sempre in Provenza, il suonatore di galoubet e tambourin è chiamato tambourinaire.

 

Per quanto concerne la costruzione, il galoubet (di solito lungo una trentina di centimetri) può essere tagliato in tonalità differenti e realizzato in un pezzo unico o in più parti (ad esempio con la possibilità di avere un piede intercambiabile per suonare in tonalità differenti); anche le camerature possono seguire profili differenti a seconda del timbro che si vuole conferire allo strumento.

Ho realizzato galoubet con differenti essenze e, come per gli altri flauti, i legni da frutto restituiscono un suono più morbido, quelli più densi uno più squillante; il mio preferito rimane però il ciliegio sia per la resa acustica che per quella estetica in accostamento al padouk, utilizzato per inserti e vere.

Esistono poi galoubet particolari per la tonalità in cui sono accordati o per alcune peculiarità formali: è il caso del galoubet de St. Barnabé (accordato, potremmo dire, in Si bemolle anche se il suono risulta ‘calante’, questo perchè la successione delle note segue regole che si discostano un po’ da quelle a cui siamo abituati) e del galoubet-Bœuf (che presentava i tre fori tutti nella parte frontale dello strumento; oggi non è più utilizzato).

 

Nella foto: galoubet in ciliegio, vere e becco in padouk

 

 

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